DIVERSION SYSTEMS ON A LARGE SCALE AND USE OF FLOODS
TORRENT-STREETS
PIT-CISTERNS
CONNECTED CISTERNS
CHANNELING AND CONCENTRATION OF RAIN ALONG THE SLOPES
CREATION OF GARDENS ON THE SIDES OF RIVERBED
HUMIDITY CONDENSATION TECHNIQUES
CISTERNS-JARS
STONE ARRANGEMENT AND USE OF SURFACES FOR CATCHMENT
SUNKEN DAMS
BIG LIFTING DEVICES (NORIAS)
DIVERSION SYSTEMS ON A LARGE SCALE AND USE OF FLOODS
This type of structures, are designed in part to divert the flows of the filled through a different channel than the main course of the wadi, in order to benefit from different areas of the site through the flood dispersion.
This technique was used in ancient human settlements in the Middle East and Asia.
The directional systems can be used in large ponds or dams for long-term storage and is a common practice in all arid areas of sub–Saharan Africa.
Some extraordinary devices especially in arid regions of Baluchistan called gabarband are older than the Harappan civilization of East Pakistan.
The gabarband are stone structures over a meter long, like dams.
They consist of a series of platforms, of about 60/120 cm., overlapping up to the top.
In the past gabarband they were probably used for flood control and flood that came from the hills.
These diversion dams are similar to those still in use in the Hadramaut valley in southern Yemen.
SISTEMI DIREZIONALI SU GRANDE SCALA ED USO DELLE INONDAZIONI
Questo tipo di strutture, sono state progettate per deviare in parte i flussi delle piene attraverso un canale diverso rispetto al corso principale degli wadi, con lo scopo di beneficiare aree diverse del sito attraverso la dispersione dell’alluvione.
Questa tecnica veniva usata in antichissimi insediamenti umani in Medio Oriente e Asia Occidentale.
I sistemi direzionali possono essere usati in grandi stagni o dighe per la conservazione a lungo termine ed è una pratica comune in tutte le zone aride dell’Africa sub-sahariana.
Alcuni dispositivi straordinari presenti soprattutto nelle regioni aride del Beluchistan chiamati gabarband sono più antichi della civiltà Harappa del Pakistan orientale.
I gabarband sono strutture di pietra lunghe più di un metro, simili a dighe.
Sono costituiti da una serie di piattaforme, di circa 60/120 cm., sovrapposte fino alla sommità.
In passato i gabarband sono stati, probabilmente, usati per il controllo delle inondazioni e alluvioni che arrivavano dalle colline.
Queste dighe di deviazione sono simili a quelle ancora in uso nella valle dell’Hadramaut, nel sud dello Yemen.
TORRENT-STREETS
In areas where long periods of drought alternating with brief periods of heavy rains and floods, the torrent-streets are used to collect rain water to be used efficiently.
The main water resource of the M’zab sinuous valley in the Algerian Sahara, comes from the floods that occur every two or three years, in fact, the valley is organized so as to exploit this event.
The large water intakes intercept the flow of water and distribute it in the cultivated fields.
The narrow streets, enclosed by the high walls surrounding the gardens, they become rivers that convey the precious water.
The openings are inserted in the walls and aspire the amount of water needed for each garden, a new series of small canals, bridges and reservoirs provide irrigation of green spaces planted with fruits and vegetables.
This water distribution technique through the torrent-streets is still used in the Wadi Dhar area near the city of Sana’a, in northern Yemen where, during the rainy season, the small streets walled convey water in the gardens , arranged on a slightly lower level, by means of outputs arranged in the recesses.
The entire system works by gravity and determines strict organization that reaches the highest levels only when the sporadic flooding and the roads turn into rivers occur.
STRADE – TORRENTI
In zone dove lunghi periodi di siccità si alternano a brevi periodi di forti piogge e inondazioni, le strade-torrenti vengono usate per raccogliere l’acqua piovana da utilizzare in maniera efficiente.
La risorsa d’acqua principale della valle sinuosa dello M’zab nel Sahara algerino, proviene dalle inondazioni che si verificano ogni due, tre anni infatti, la valle è organizzata in modo tale da sfruttare questo evento.
Le grandi prese d’acqua intercettano il flusso d’acqua e lo distribuiscono nei campi coltivati.
Le strade strette, racchiuse tra le alte mura che circondano i giardini, diventano torrenti che convogliano la preziosa acqua.
Le aperture sono inserite nelle pareti e aspirano la quantità d’acqua necessaria per ogni giardino dove, una nuova serie di piccoli canali, ponti e bacini garantiscono l’irrigazione degli spazi verdi coltivati a frutta e verdura.
Questa tecnica di distribuzione dell’acqua attraverso le strade-torrenti è ancora usata nella zona del Wadi Dhar vicino alla città di Sana’a, nello Yemen del nord dove, durante la stagione delle piogge, le piccole strade murate convogliano l’acqua nei giardini, disposti su di un livello leggermente inferiore, mediante delle uscite disposte negli incavi.
L’intero sistema funziona per gravità e determina un’organizzazione rigorosa che raggiunge i livelli massimi solo quando si verificano le sporadiche inondazioni e le strade si trasformano in corsi d’acqua.
CISTERNE INTERRATE
Lo scavo di cisterne interrate a sesto acuto, è una pratica diffusa in tutto il mondo fin dal Neolitico.
I serbatoi servono a contenere l’acqua di origine sporadica ed hanno, per questo motivo, una forma allargata che aumenta la capacità di raccolta.
In terreni carsici, le cisterne sono scavate nelle roccia calcarea con forme ad ogiva molto precise.
Si forma un impermeabilizzante naturale con i depositi e diventa il rivestimento delle superfici accuratamante lavorate.
La forma a campana, che si allarga nel sottosuolo, è dovuta alla necessità di avere ingressi molto vicini, sufficienti a penetrare la roccia più dura sulla superficie e consentire l’espansione della cavità interna dove il calcare è più tenero.
I serbatoi si riempiono con l’acqua delle piogge e con quelle che scorrono lungo i pendii dove si organizzano le superfici di raccolta,le canalette ed i dispositivi di decantazione.
Dai serbatoi a campana, prevalenti nel Neolitico sui Balcani, nell’Italia del sud e a Malta, si passa a forme più allungate come i tholos, presenti a Creta e Micene nell’Età dei Metalli, a cisterne con serbatoi verticali fenice ed a vari tipi di cisterne a camera.
Le civiltà antiche avevano ampiamente sviluppato le tecniche di rivestimento e impermeabilizzazione delle cisterne e, per questo scopo, utilizzavano intonaci a base di calce, pozzolana, composti organici e terracotta.
Nelle civiltà precolombiane, le pratiche di modificazione del territorio per costruire sistemi di raccolta dell’acqua piovana su larga scala, creando prese d’acqua lungo le pendici, dighe e bacini idrici, precedono l’architettura monumentale e risalgono al primo millennio a.C.
Nelle zone interne dello Yucatan, in Messico, i Maya hanno dovuto risolvere il problema del reperimento di risorse idriche sufficienti, in tutte le stagioni, per soddisfare le esigenze delle massicce aree urbane e per l’agricoltura.
I serbatoi naturali nelle grotte e i cenotes non bastavano dato che erano soggetti alle variazioni dei livelli stagionali, alla salinità causata dai passaggi sotterranei fino al mare o all’essiccazione dovuta all’ostruzione dei tunnel.
Cisterne a campana chiamate chultun furono scavate nella pietra per avere una fornitura d’acqua potabile.
L’ingresso di queste strutture è stretto, ma consente il passaggio dell’escavatrice che ingrandisce lo scavo nel sottosuolo a forma di pseudo-cupola.
In Età Classica, dal III secolo d.C., lo sviluppo delle città importanti fu organizzato intorno a depressioni naturali chiamate aguade in cui, l’acqua raccolta dalle dighe e dalle cisterne lungo le pendici, scorreva.
Le superfici dell’aguada erano lastricate con pietre piatte impermeabilizzate mediante argilla rossa e marrone.
Pozzi e chultun sono stati scavati quando l’aguada era prosciugata.
Il sistema è simile alle tecniche delle cisterne tipiche delle zone carsiche pugliesi nell’Italia del sud.
Intorno al IX secolo, alla fine dell’Età Classica, per scopi difensivi e per la necessità d’irrigare grandi aree agricole con la forza di gravità, la tecnologia Maya si sviluppò a tal punto da sfruttare al massimo i sistemi di raccolta dell’acqua.
Le città stesse, con le numerose piramidi a gradoni, l’architettura monumentale, le piazze lastricate e i grandi cortili, diventarono un vasto sistema di raccolta di acqua piovana.
CISTERNE CONNESSE
Questo tipo di cisterne sono collegate, tra loro, attraverso una rete di canali all’aperto e tunnel di raccolta dell’acqua piovana e sono fornite di dispositivi per la decantazione e il filtraggio tramite sfioratori sulle slitte delle cisterne.
Si tratta di riserve d’acqua per periodi che seguono le precipitazioni e sono ancora in uso in alcune zone dell’Africa dove, dopo le piogge, le bocche delle cisterne vengono coperte con stuoie di materiale vegetale che permettono all’acqua di essere conservata per lunghi periodi.
In tutta la Murgia dell’Italia del sud, cavità sotterranee collegate vengono scavate nel calcare per raccogliere l’acqua dai versanti per mezzo di una rete di canali sotterranei.
Le cavità collegate tra loro, sono attraversate da flussi d’acqua meteorica.
La struttura sotterranea consente, da un lato di fornire una maggiore quantità d’acqua e dall’altro, impedisce all’acqua di essere sprecata in seguito all’evaporazione.
Le pareti interne delle cisterne sono perfettamente isolate mediante intonaco fatto di calce e frammenti (coccio-pesto).
CANALIZZAZIONI E CONCENTRAZIONE DI PIOGGIA LUNGO LE PENDICI
Fin dall’antichità, nella valle dell’Hadramaut nello Yemen, le comunità hanno utilizzato gli altopiani ed i pendii ripidi, opportunamente sagomati e isolati, come impluvi per la raccolta di pioggia tramite un sistema di vasche e cisterne.
Grazie a questo lavoro costante e alla conoscenza tramandata di un organizzazione specifica, le piogge che ingrossano i torrenti lungo le montagne vengono controllate.
Nessun altra fonte d’acqua è disponibile e queste regioni sul versante, esistono grazie alla conservazione dei flussi e al sistema dei terrazzamenti dove l’acqua è attentamente ripartita.
La città di Aden, nello Yemen, è costruita nel cono di un enorme vulcano spento.
Aden è sita sul bordo del grande cratere che si apre con una depressione verso il mare.
Il cono vulcanico è stato utilizzato come un enorme bacino di raccolta delle precipitazioni e delle particelle di umidità che scendono dalla depressione verso le pendici più basse abilmente impermeabilizzate.
Gallerie e canali alimentavano cinquanta grandi cisterne a cielo aperto collegate lungo il pendio.
Oggi le antiche cisterne di Aden sono vuote e la città è rifornita dagli acquedotti con impianti di desalinizzazione molto costosi.
Il massiccio più imponente di Petra, in Giordania, è Umm – al Biyara ( in arabo madre delle cisterne ).
L’analisi ambientale dimostra che il bacino montano che circonda la valle del Wadi Musa è stato interamente organizzato, nel corso del tempo, allo scopo di controllare le risorse idriche che permettevano alla città Nabatea di
Petra, di organizzarsi in pieno deserto attraverso l’uso di un ingegnoso sistema idraulico e di scarico.
La disposizione dei serbatoi, cisterne e canali di scolo per la reccolta delle acque piovane e dei microflussi colavano dalle pareti di arenaria e i corsi d’acqua degli wadi, erano protetti dai versanti dei canyon.
La deviazione delle rare ma, devastanti inondazioni primaverili attraverso la canalizzazione delle acque, permetteva di rendere produttivi i terreni e lo sviluppo dell’ agricoltura.
CREAZIONE DI GIARDINI SUL LETTO DEI FIUMI
I sistemi di condivisione dei flussi come le dighe, permettono di creare i giardini sui lati degli alvei producendo terre coltivabili, di fornire humus e irrigare i terreni.
Un grande sistema di questo tipo si trovava a Marib, la capitale araba del regno della regina di Saba, nel nord dello Yemen, ora completamente abbandonato al deserto.
Era formato da una grande diga su entrambe i lati del letto del Wadi Dhana.
Si possono ancora ammirare i resti di questi sistemi d’irrigazione e coltivazione e le mura ciclopiche che rappresentano il punto di partenza della imponente diga.
Sfruttava le inondazioni in modo da usare l’acqua necessaria all’agricoltura.
Il flusso del Wadi Dhana venne fermato nella direzione est-ovest mediante un terrapieno lungo 620 mt.,alto 16 mt. e con uno spessore di 60 mt. alla base.
Era stato costruito per sollevare l’acqua e distribuire le inondazioni su entrambe le sponde del wadi.
Vennero innalzate enormi chiuse e canali di trasporto dell’acqua a nord e a sud della città, alle due estremità del wadi.
Il sistema di condivisione dei flussi creò due aree coltivate e un deposito a ventaglio di terra fertile su entrambe le rive.
La diga di Marib lavorava a pieno regime durante le piene e assicurava una riserva di acqua potabile negli altri periodi dell’anno.
TECNICHE DI CONDENSAZIONE DELL’UMIDITA’
Tali pratiche, che risalgono al IV millennio, hanno avuto conferma dopo le scoperte fatte nella Grotta Scaloria lungo le pendici del Gargano in Puglia, dove alcuni vasi di ceramica erano posti sotto le stallattiti per raccogliere le gocce d’acqua.
In diverse grotte, l’aria carica di vapore causato dal calore che sale dal magma sotto la crosta terrestre, si condensa lungo le pareti e produce acqua.
In Eritrea, sugli altopiani e nella regione di Afar, le fumarole dal Danakils producono umidità a cielo aperto che viene raccolta mediante un dispositivo fatto di rami.
Questa tecnica prevede la costruzione di strutture a capanna con il tetto conico fatto di piante e posizionato alla destra delle fumarole vulcaniche.
Il vapore sale fino ai rami, si condensa cadendo più in basso e viene raccolto nei bacini.
Un metodo simile viene utilizzato per raccogliere la rugiada dalla paglia e dalle foglie che coprono profonde trincee scavate nel terreno.
Questa tecnica era usata dai Nabatei, nel deserto del Negev e nella città romana sotterranea di Bulla Regia in Tunisia.
DEPOSITI D’ACQUA NELLE GIARE – CISTERNE
Le giare-cisterne sono riserve idriche sotterranee diffuse in tutte le isole e lungo le coste aride del Mediterraneo ed hanno rappresentato una riserva d’acqua per i viaggiatori che le utilizzavano durante i lunghi viaggi.
Alcuni vasi-cisterne sono ancora utilizzati in più delle trecento isole Dahalak, nel Mar Rosso dove si pratica il nomadismo marittimo.
I giovani pastori con il loro gregge, vengono trasportati, con zattere, sulle isole deserte dove rimangono per tutto il periodo necessario al pascolo.
Il modo di catturare l’acqua su questi terreni corallini, completamente privi di acqua dolce e dove le piogge sono irregolari, è un esempio di utilizzo delle tecniche di condensazione per la sopravvivenza in ambienti asciutti.
Cisterne a cielo aperto sono costruite sulle superfici sabbiose per mezzo di grandi vasi interamente infossati nella sabbia e cumuli di pietre catturano l’umidità atmosferica che cade nel serbatoio sottostante.
Nei terreni madreporati, grandi crateri scavati nella roccia di forma circolare hanno tumuli di pietre nel mezzo.
La cisterna, a tenuta stagna, è sotto e si riempie d’acqua chiara tramite la brezza marina che filtra attraverso i pori nelle pareti del cratere artificiale.
Questa pratica è sfruttata in luoghi isolati dove le riserve d’acqua provengono da sorgenti aeree (vapori).
DISPOSIZIONE DI PIETRE COME SUPERFICI DI RACCOLTA
Queste strutture di condensazione e raccolta dell’acqua, sono costituite da ordini di pietre che catturano i venti carichi di umidità e la trasmettono al terreno per l’irrigazione dell’erba necessaria al pascolo.
Questo metodo è, ancora oggi, usato nelle Isole Dahalak sul Mar Rosso.
Le ricerche archeologiche nella regione in cui si trova la città carovaniera di Shabwa, situata all’interno del deserto arabo Ramlat al Sabatayn, hanno evidenziato una serie di dispositivi di condensazione e raccolta dell’acqua sull’altopiano di pietra dove si sviluppa la regione.
Queste strutture sono costituite da pietre disposte lungo i bordi e da cumuli di rocce con cavità interne utilizzati per la cattura di umidità proveniente dalle antiche coltivazioni di palme e frutteti che circondavano la città di Shabwa.
Tali metodi sono stati trasmessi dalle civiltà pastorali nomadi e transumanti che abbeveravano le greggi e garantivano la sopravvivenza di carovane di mercanti.
DIGHE SOMMERSE
Nelle zone aride e in presenza di flussi sotterranei temporanei, dighe seminterrate infossate sono costruite nel letto dei torrenti.
Sono costituite da una serie di barriere di pietra che bloccano i sedimenti e agiscono come dighe per l’accumulo di limo in cui, i microflussi d’acqua vengono intercettati e trattenuti a monte delle dighe.
I sedimenti riempiono l’intera altezza della diga creando così, una serie di piattaforme a diverse quote, adatte alle coltivazioni e fornite di passaggi.
Antiche dighe sotterranee sono ancora utilizzate nel Sahara del nord, lungo l’Oued Saoura ai piedi dell’imponente sistema sahariano dell’Atlas.
Le dighe lungo l’ Oued Saoura hanno la funzione di bloccare i flussi sotterranei e di superficie per fornire acqua alle colture poste sui lati del letto del fiume.
In caso d’inondazioni o quando ci sono sulla superficie di un corso dei flussi d’acqua, queste vengono direzionate sulle terrazze laterali permettendo l’irrigazione, per gravità, ad una quota superiore rispetto al flusso d’acqua naturale.
In periodi di siccità, l’umidità si mantiene nel sottosuolo e l’acqua viene prelevata ai piedi delle dighe.
La diga di Beni Isguen a Ghardaja in Algeria, è in realtà una enorme diga sotterranea che non contiene un bacino d’acqua ma, terreni con palme e colture.
In essa sono anche scavati pozzi che permettono di conservare l’acqua trattenuta dai sedimenti della diga.
Solo durante le inondazioni, che si verificano ogni dieci anni, la quantità d’acqua tracima sulla parte superiore della diga, dotata di barriere in grado di trattenere i detriti.
La fornitura d’acqua ai sistemi delle pentapoli della Valle dello M’zab in Algeria, si basano, in gran parte, su sistemi di captazione, deviazione e controllo delle inondazioni occasionali che riempiono il letto dei corsi d’acqua normalmente asciutti.
Di questi sistemi nè fanno parte le dighe sotterranee che agiscono, principalmente, come barriere difensive contro le inondazioni violente e, allo stesso tempo, come protezione per la manutenzione delle acque dei suoli necessarie in altri periodi.
Pertanto, questi dispositivi contribuiscono a mantenere i flussi nel sottosuolo per essere estratti mediante l’utilizzo di pozzi a bilancere.
Le riserve idriche della parte sotterranea della diga, consentono di estrarre l’acqua da vari pozzi, tradizionalmente trainati da animali, che si trovano nel bacino idrografico delle piene.
La diga di Beni Isguen è lunga 400 mt.
Durante le rare piene, l’improvvisa enorme quantità d’acqua che eccede dal bacino è distribuita al palmeto ( a valle della diga) dalle vie e insenature più importanti ; quando il flusso diminuisce, dalle prese d’acqua e dai canali che partono dalla diga stessa.
GRANDI DISPOSITIVI DI SOLLEVAMENTO (NORIAS)
La noria, o ruota persiana, è un dispositivo per l’acqua usato come sistema d’irrigazione per sollevamento.
E’ composto da una grande ruota idraulica costruita per sollevare l’acqua dal fiume e rilasciarla in condotte e canali che arrivano fino ai campi in attesa di essere irrigati.
Le norie sono di origine siriana ed erano molto diffuse dalla zona dei fiumi Tigri e Eufrate fino ad ovest verso Al-Andalus.
Nel nord dell’Africa, la noria si trova nelle zone costiere del Marocco ed anche nella zona settentrionale del Sahara da Tafilalet alla Tripolitania.
Nella penisola iberica la noria venne introdotta con le dominazione arabe e sono particolarmente caratteristiche quelle che si trovano in Andalusia.
Vengono utilizzate per prendere l’acqua direttamente dai grandi flussi oppure, come nel caso di Murcia, sono state collocate su grandi canali d’irrigazione.
In Siria, le Norie di Hama sono le più antiche ruote idrauliche del mondo costruite dai Bizantini come sistema d’irrigazione.
La città fluviale di Hama conta diciassette grandi ruote idrauliche di legno che, una volta, raccoglievano l’acqua dal fiume e la depositavano negli acquedotti.
Un sistema semplice e intelligente che, purtroppo, oggi non è più utilizzato.
(Pangea CRAT)
Referenze : Pietro Laureano (TKWB)