MEMORY GARDENS : the story draw from the precious water flow
OASIS AND SAHARA
SABEAN GARDENS OF SHIBAM
FROM THULA RUPE
THE GREEN PETRA
THE WATER PATH THROUGH THE GREEN IN MATERA
PANTALICA AND MATERA : ANALOGY OF URBAN MATRIX
OASI E SAHARA
I GIARDINI SABEI DI SHIBAM
DALLA RUPE DI THULA
LA VERDE PETRA
IL PERCORSO DELL’ACQUA ATTRAVERSO IL VERDE A MATERA
PANTALICA E MATERA : ANALOGIA DELLA MATRICE URBANA
OASI E SAHARA
Il deserto, un universo vivo
Modellato dal vento, dall’acqua e dagli sbalzi bruschi di temperatura, il Sahara presenta una straordinaria diversità geomorfologica.
Pianure sassose, ammassi dunari, sterili depressioni saline, picchi montani altissimi e profondi canyon sono la varietà del suo ambiente dovuta ai movimenti geologici ed ai cambiamenti climatici dove è possibile leggere, meglio che in ogni altro luogo, la storia passata del nostro pianeta.
Il Sahara non è sempre stato un deserto, 250 milioni di anni fa era coperto dal mare.
L’acqua ha disegnato le grandi linee dei suoi paesaggi e ha eroso i diversi tipi di roccia.
Il suolo, privo di vegetazione e di humus presenta intatte le stratificazioni delle ere geologiche ed è possibile leggere la molteplicità di epoche aride che si sono alternate ad epoche umide, conservando la memoria di remoti cataclismi e rivoluzioni climatiche.
Nel deserto, i nomadi, guardano il paesaggio che appare come un luogo assolutamente immoto, per ore.
L’esperienza è simile alla ripetizione di una parola o di un segno all’infinito fino ad indurre l’ipnosi.
Si raggiunge l’effetto della perdita del significato acquisito e la nascita di uno nuovo.
OASIS AND SAHARA
The desert, a living universe
Modeled by wind, water and the abrupt temperature changes, the Sahara presents an extraordinary geomorphological diversity.
Stony plains, dune clusters, sterile saline depressions, high mountain peaks and deep canyons are the variety of its environment due to geological and climate change movements where you can read, better than in any other place, the past history of our planet.
The Sahara was not always a desert, 250 million years ago was covered by the sea.
Water has drawn the great lines of its landscape and has eroded the different types of rock.
The soil, devoid of vegetation and humus intact presents the layers of geological eras and you can read the multiplicity of dry periods that have alternated in humid periods, preserving the memory of remote climatic cataclysms and revolutions.
In the desert, the nomads, look at the landscape that looks like a place absolutely motionless, for hours.
The experience is similar to the repetition of a word or a mark to infinity and up to induce hypnosis.
It reaches the effect of the loss of meaning acquired and the birth of a new one.
L’ecosistema del Sahara
The ecosystem of the Sahara
The largest desert in the world
- Sebkha : large saline depression, rest fossil of a large lake, compluvium of erg waters and mountains.
- Inselberg : hillocks of erosion, formed by residues of the dismantling of a plateau and emerging remained as composed of more weather resistant rocks, or formed by the accumulation of sediments along the edges of the great eras of rain lakes.
- Dunes pyramidal created for the presence of converging winds.
- Cordons of dunes shaped by the constant winds.
- Wind-carved depression (deflation). The water from the underground rivers comeback to the surface and evaporating deposits salts.
- High temperatures and hot dry winds, dismantle wear away the humus unprotected by vegetation. Denuded soils on the effects of solar radiation, wind and erosion are violent.
- Uadi : a over fossil river a sporadic flow or underground.
- Strong wind currents create high pressure and dissipate the clouds.
- Surface water, not retained by the soil, have impetuous and intermittent regimes, that erode the mountain walls. The large amount of debris transported, not disposed of by the lack of an outlet to the sea, can be seen on the same course of rivers, forcing them to constant changes of direction and fragmentation in many riverbeds. It determines the complete disintegration of the hydrographic network and create closed basins where water is destined to evaporation.
- Underground aquifers contained in porous layers. They originate from precipitation in the mountains even thousands of kilometers away, or are fed by infiltration of the floods of the uadi.They come together, at times, to very deep water table surfacing waters.
- Oasis along uadi use for water supply underground streams and sporadic floods.
- Disorganization hydrographic and training of ”penepiano”.
- The accumulation of sand, reworked by the wind, is the erg, the great desert dune area.
- Oasis in the erg can reach, through the excavation of circular craters, shallow water table where the roots of trees draw water directly.
- ”Pinnacle” of settlements exploit the water absorbed by capillary porosity of limestone and conserved in natural seeds cavity.
- Oasis on the edge of sebkha capture, through imposing hydraulic works, underground water converging on the ancient lake dried up and they subtract the evaporation on the bottom of the saline depression.
- Hammada : tabular rocky desert.
- Pinnacles and taffoni.
- Reg : tabular stony desert.
Architettura di un paradiso perduto
L’interpretazione del complesso universo dell’oasi significa leggere una storia antica fino alle origini della civiltà e permette di scoprire un misterioso tesoro di segreti.
Nell’oasi ogni luogo, ogni architettura ed elemento risultano carichi di significato e la povertà dei materiali come la sobrietà dei segni, trasmettono una complessa carica ideale senza ridondanza formale.
Il continuo adattamento al difficile ambiente, rende lo stile architettonico essenziale che si esprime attraverso elementi puri : la terra cruda, la luce, l’acqua.
Tutta la struttura dell’abitato, la forma delle case costruite una accanto all’altra, i passaggi sotterranei al posto di quelli visibili, la contiguità delle terrazze e l’apparente assenza d’ingressi, risponde a delle logiche di sicurezza da una parte e di benessere dall’altra, in modo da mantenere gli ambienti più freschi.
L’oasi verdeggiante, con la gente che vive nei villaggi fortificati, non è provvista di una sorgente che dà vita alle palme, ai frutteti, agli orti.
L’acqua che scorre nei canali a cielo aperto è un’acqua inventata.
In alcune oasi sahariane non ci sono sorgenti ma, gallerie drenanti (foggara) che raccolgono l’acqua conservata dalla sabbia o nelle cavità rocciose del sottosuolo attraverso un’immensa rete che funziona da condensatore.
Sono migliaia e migliaia di chilometri di gallerie che si trovano sotto tutti i deserti dell’Africa settentrionale e che comunicano tra loro, portando in superfice un’acqua che si è condensata, magari, in un luogo lontanissimo.
I contrasti di luminosità, la contrazione e dilatazione spaziale, la ripetività amplifica ogni semplice intervento.
Il deserto e la vegetazione, il cielo e la sabbia, il calore, gli odori sono elementi che fanno parte di una composizione urbana.
Passeggiare per l’intricato dedalo di stradine buie e coperte dell’abitato dove si creano giochi di luci e ombre, aggirarsi nel patio assolato di un’ abitazione arredata con semplici oggetti essenziali, ammirare i tatuaggi sui volti e le acconciature delle donne, suscita continue emozioni e suggestioni.
Ogni semplice utensile è avvolto da una profonda carica semantica e la semplicità espressiva artistica riconduce all’intero universo oasiano, al complesso sistema di cognizioni e credenze.
La profonda concezione religiosa si rispecchia nei principi costruttivi e le complesse tecniche di controllo dell’ambiente si possono leggere negli arredi delle stanze che parlano della natura della terra e del cielo.
Così, il quotidiano e l’immateriale, l’estrema semplicità e la complessità del cosmo si rispecchiano sottolineando che, l’esistenza di tutto questo, deriva dal meccanismo stesso di funzionamento dell’oasi.
Questi delicati processi non sono facili da comprendere e trovare la chiave interpretativa per seguire l’intricata trama di analogie e connessioni significa scoprire che in ogni realizzazione, nei gesti, nelle semplici espressioni, c’è un messaggio complesso ed elaborato.
Analizzando l’architettura dei luoghi e dell’ambiente sahariani, si evidenzia un nuovo aspetto sui rapporti tra culture e tecnologie, sulla trasmissione delle conoscenze, tra mito e realtà sociale.
Risulta una stretta relazione che esiste tra il giardino e l’idea di paradiso, relazione appartenente alla tradizione islamica e comune alle grandi religioni e alla cultura classica.
Il terreno coltivato nell’oasi è chiamatoa jenna che significa giardino e paradiso.
Il termine esprime il significato di luogo delimitato, ortogonalità, giardino produttivo e paradiso che sintetizzano le caratteristiche principali dell’insediamento oasiano : le coltivazioni come struttura che ordina il territorio, la geometria come gesto creativo contrario al caos ostile.
L’esistenza dell’ oasi nell’immenso deserto, appare tutt’oggi come un miracolo, così come dovevano apparire miracolose le prime forme di coltivazioni domesticate di cereali all’inizio della rivoluzione neolitica.
La tradizione del giardino paradisiaco può essere ricondotta allo sviluppo primordiale della domesticazione di piante e animali.
Il giardino come rappresentazione del paradiso che, per la gente del libro significa la descrizione della terra ricondotta al principio ordinatore originario.
Il paradiso terrestre diviso dal corso dei quattro grandi fiumi nelle quattro parti che ricordano la concezione sumerica e le raffigurazioni più antiche del mondo.
L‘oasi, frutto di tecniche sapienti e dell’armonioso utilizzo delle risorse, è progetto e architettura dell’ambiente.
Ogni elemento risulta fondamentale per il funzionamento complessivo : i tunnel che drenano l’acqua, l’abitato e i giardini formano un sistema globale intimamente legato e perfettamente organizzato.
I GIARDINI SABEI DI SHIBAM
Ciclo integrato di rifiuti organici
Shibam, una città situata nello Yemen, nella Valle dell’Hadramaut, è la sintesi delle conoscenze idrauliche ed architettoniche di gruppi umani che abitavano le pianure secche, fatte di fango e argilla e venivano costantemente devastate dalle inondazioni occasionali.
La città è stata costruita nel wadi, un fiume asciutto ed è un preciso quadrilatero perfettamente circondato da imponenti mura.
All’interno delle mura, l’impianto urbanistico è ordinato e regolare con piazze ben proporzionate, edifici e aree pubbliche in una disposizione armonica.
Ogni edificio è una unità indipendente e contribuisce all’armonia e alla diversità della concezione complessiva.
Sono case-torri multi-piani che s’innalzano fino ad un’altezza di trenta metri.
Vengono costruite in terra cruda, con il fango della pianura portato dalle inondazioni occasionali.
Queste suggestive abitazioni sembrano grattacieli moderni ma, in realtà sono vecchi di cinquecento anni e in ciascuno di essi vive una sola famiglia.
La fusione del tessuto urbano architettonico religioso, come la moschea, l’altezza regolare degli edifici e il loro tetto imbiancato, disegna una forma compatta e armoniosa dando così l’idea di uguaglianza e di comunità stretta attraverso l’architettura.
Shibam è stata costruita con le conoscenze accumulate di una popolazione che aveva la necessità di cooperare per garantire una fornitura d’acqua alla città, esprimendo una forte coesione sociale e un controllo pianificato dello spazio.
Fin dai tempi più antichi, nella Valle dell’Hadramaut, le comunità con interessi di condivisione dei sistemi irrigui hanno utilizzato gli altopiani e i ripidi pendii per la raccolta della pioggia, in un sistema di bacini e cisterne.
Una cooperazione sociale diffusa, è ancora più necessaria per le grandi pianure del letto degli wadi.
Ogni area coltivata dipende dalla costruzione di lunghi argini di fango e dighe di adobe il cui scopo non è la creazione di bacini d’acqua a cielo aperto.
Le piogge violente e le devastanti inondazioni sono controllate e condivise, su una superfice maggiore, per mezzo di dighe e argini ; grazie alla costruzione di pozzi e canali d’acqua questi vengono, poi, utilizzati per irrigare i palmeti e i campi coltivati nel loess asciutto, ma fertile.
Durante la stagione secca, l’acqua conservata nei sedimenti viene estratta dai pozzi.
Una stretta connessione tra storia e tradizione è ancora visibile nei metodi di costruzione.
Tutti i membri di una famiglia allargata, preferiscono occupare la stessa terra ancestrale e vivono in una casa comune che si sviluppa in altezza.
Risparmiano, così, terreno agricolo e ottimizzano i fattori di costruzione relativi alle tecniche e alle condizioni climatiche.
Si dice che una casa di adobe deve avere sia un buon cappello, che buoni stivali per essere protetta dalla pioggia nella parte superiore e dall’umidità in basso.
Lo sviluppo verso l’alto delle case, limita la dimensione del tetto e delle fondazioni che, altrimenti, richiederebbero una manutenzione più accurata e costosa.
Con il passare del tempo, le alte case di adobe, sottoposte a decomposizione e disintegrazione, vengono ricostruite sulle loro rovine utilizzando gli stessi materiali e riproducendo il loro aspetto e le dimensioni originarie.
Il fango per i mattoni è raccolto nei giardini formati da piccoli crateri plasmati e
separati da argini e canali che circondano la città e la proteggono dalle inondazioni devastanti.
A monte del corso d’acqua degli wadi, un sistema di dighe per la distribuzione delle acque allarga la zona soggetta ad inondazioni e dissipa la forza dell’acqua su un’area più ampia.
Le depressioni circolari dei giardini intorno alla città, si riuniscono e assorbono l’acqua.
In questo sistema di crateri di sabbia artificiali, i campi coltivati sono protetti da argini di confine e sono modellati dalla chioma del palmeto.
I rifiuti organici della città sono depositati in questi crateri artificiali e insieme con l’acqua, trasformano le sabbie sterili dei loss in terreno fertile.
Quindi, è l’esistenza stessa della città di Shibam, con la sua offerta di materiale biologico che permette la crescita delle palme e la produzione agricola ; inizia un ciclo che interagisce di continuo.
Non solo i prodotti alimentari nutrono la popolazione e ritornano al suolo come fertilizzante ma, l’intera città, con la sua forma e l’architettura, si fonda sul principio eterno del riutilizzo completo delle risorse.
Il materiale per costruire la città si ottiene dagli scavi nei giardini, unico tipo di terreno adatto per la costruzione grazie alla ricchezza di humus che gli conferisce proprietà leganti.
Infatti, i sedimenti degli wadi sarebbero sterili e inutilizzabili senza le componenti biologiche prodotte dall’agricoltura e il fertilizzante organico derivante da escrementi umani.
Questi ultimi, sono raccolti nella città grazie ai gabinetti che separano accuratamente i rifiuti liquidi, pericolosi per le strutture in adobe, dai rifiuti solidi che sono essenziali per l’agricoltura.
Questo tipo di WC geniale, è stato usato per secoli nello yemen.
La toilette permette la separazione tra liquidi ed escrementi solidi mediante due uscite : un’uscita frontale per rifiuti liquidi ed una posteriore per rifiuti solidi che funziona per gravità verso il basso in direzione dei cestelli di raccolta nelle strade.
Questo dispositivo e la necessità di raccogliere gli escrementi, spiegano il piano urbanistico complesso composto da piazze, strade e vicoli ciechi.
Ogni casa è dotata di una rete fognaria che corre lungo il fronte dove scendono i rifiuti solidi che cadono nelle ceste per essere scaricati nei campi.
Questi fronti di servizio, si affacciano su strade secondarie il cui percorso definisce il piano urbanistico.
A Shibam l’abitato è indispensabile alla fertilizzazione dei campi e interagisce con essi. Dal tipo di gabinetto alla struttura delle abitazioni fino all’intera planimetria, la città risponde alle esigenze di raccogliere gli escrementi umani. Questi, indispensabili per rendere coltivabile il deserto, vengono lasciati seccare sulle sabbie. Con l’apporto delle acque di piena, controllate da dighe di derivazione, si trasformano in humus e materiale colloidale che viene scavato e utilizzato per costruire e, periodicamente rinnovare, le alte case di terra cruda della città. Si creano depressioni circondate da argini e canali e ombreggiate dal palmento, che hanno la funzione di produrre gli alimenti agricoli e proteggere l’abitato dalle piene, assorbendo e conservando le quantità d’acqua.
In tal modo, un circuito indissolubile unisce il centro abitato, la sua manutenzione igienica e i rifiuti organici degli abitanti vengono utilizzati nella fecondazione dei giardini e nella progressiva ricostruzione degli edifici.
Come un organismo biologico, la città di Shibam rinnova i suoi singoli componenti mantenendo inalterata la sua forma e la sua identità.
Questa alchimia segreta, soddisfa l’integrazione armoniosa delle esigenze urbane e agricole e la salvaguardia dalle inondazioni, in un ciclo virtuoso di smaltimento e riutilizzo.
DALLA RUPE DI THULA
Creazione di giardini attraverso le ”cime tempestose”
La cittadina di Thula è divisa in due parti : la zona bassa formata dall’abitato in pietra, compatto e ben costruito composto da abitazioni e moschee circondate da grandi cisterne a cielo aperto e la zona alta, l’acropoli, completa di cinta muraria e torrette di pietra.
Nella parte alta di Thula si trovano delle grandi vasche per la conservazione dell’acqua che riforniscono i campi e l’abitato circostante.
Dall’acropoli, un sistema di cisterne, ambienti sotterranei collegati e cisterne a cielo aperto alimentano le moschee situate in basso, l’abitato e i terrazzamenti coltivati.
La rupe scoscesa della città alta, funziona come una grande spugna che assorbe acqua e la raccoglie in un complesso sistema di convogliamento scavato nella roccia che arriva fino alla parte bassa dell’abitato.
SISTEMA IDRICO DI THULA
Ricostruzione dei sistemi di raccolta dell’acqua, cisterne a cielo aperto, cavità e tunnel sotterranei che dalla cittadella alimentano i giardini terrazzati e le sale di abluzione della moschea.
L’impianto idraulico, ancora in uso, è simile a quello delle antiche città Sabee.